È un ossimoro denso di significato quello scelto per titolare l’intervista di Ambra Sabatini su Vanity Fair. “Perfettamente imperfetta” recita la figura retorica scelta dalla giornalista Nadeesha Uyangoda.
Due parole a traduzione del tatuaggio che la paratleta più veloce del mondo ha sulla sua pelle.
In apertura, Ambra viene definita “la sintesi impeccabile di un’atleta che è risorta, si è riscattata e ha vinto“. A giudicare dal percorso di vita, dall’incidente alla medaglia d’oro a Tokyo 2020, la sua sembra davvero una storia da film a lieto fine.
Eppure il romanzo di Ambra ha ancora tante storie da raccontare. Tante pagine di cui riempirsi, perché la velocista toscana non ha intenzione di fermarsi.
“Mi sono innamorata della pista quando avevo 12 anni – esordisce Ambra – anche se conciliare la vita della sportiva e quella della giovane donna è stato difficilissimo”.
Se poi si pensa che la vittoria dell’oro paralimpico è concisa con la fine delle scuole superiori, ci si rende conto della mentalità da atleta della .
Abituata ai cambiamenti, ha fatto del ribaltare i pronostici il suo stile di vita, in pista e nella vita di tutti i giorni.
“Mi sono iscritta al corso di laurea in Scienze della comunicazione in un’università romana. Andrò a vivere nella caserma delle Fiamme Gialle, dove ci sono tutti gli impianti e le strutture che mi serviranno per gli allenamenti“.
Infine non manca un ringraziamento alla sua disciplina per averla resa la campionessa di oggi: “della corsa mi piace che devi contare soltanto sulle tue forze. Il risultato della gara dipende unicamente da te. Il lavoro di squadra sta nella collaborazione con l’allenatore e i tecnici“.
La carriera di una stella che ha già iniziato a brillare è solo agli esordi: il futuro della paratleta più veloce del pianeta ha un orizzonte sconfinato e speranze tricolori.
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